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圣座与中国:“更多的理解,更多的可能性”


2021-03-30 10:56:24 作者:天瓯智库 来源:天瓯智库

Stefania Falasca

梵蒂冈国务院与各国关系部部长保禄·理查德·加拉格尔概述了圣座与各地缘政治主体之间的关系及圣座在处理国际问题是所采取的路线。“历史证明,天主教会可与各类政体共存” 


慕尼黑会晤  图片来自网络

“与过去相比,我们更加相互理解,有更多的可能性。这一点在当今圣座与中华人民共和国的关系中得到了展现。”梵蒂冈国务院与各国关系部秘书长保禄·理查德·加拉格尔在最近接受美国耶稣会杂志《美国(America)》采访时做出如上表述。这位梵蒂冈国务院的高级外交官谈及中梵关系,回顾了2020年2月14日自己与中国外交部长王毅在德国慕尼黑举行的会晤。这也是自1949年10月1日中华人民共和国成立至今,双方最高级别的会见。他重申,关于与中华人民共和国之间的关系,目前圣座的主要目标即2018年9月签订的中梵临时协议中所涉及的核心问题——“解决我们在主教任命方面遇到的困难”。在双边协商过程中,我们“不断努力推进教会与中国当局之间关系的正常化,我们知道,这是一个长期目标”。这位梵蒂冈高级外交官认识到,这个“人口众多”的“大国”拥有与之相对应的政府架构,“圣座只是与这个架构中的一小部分人有联系”。因此,“很难明白哪些是他们给北京方面带来的影响。”他还补充道,国务卿伯多禄·帕罗林枢机或他自己目前都暂无访京的计划。放眼全球,这位出身英国的外交官希望简要表述,梵蒂冈是如何与不同地缘政治主体打交道,如何处理国际问题及全球危机的。

言及西方对圣座的批评(包括与中国相关的宗教自由、香港等问题),加拉格尔表示,“许多国家都存在侵犯人权的现象”,但教廷几乎从未采取“谴责的外交手段”。至于香港危机,加拉格尔总主教指出,当地天主教群体“在政治上及对北京方面的态度上有明显的分歧”。他补充道:“我们试图与当地教会合作”,在此情况下“竭尽所能”。“我不认为‘高调的’声明会特别有效”,并且值得一提的是,“声明能产生什么影响?它会为当地教会及其与圣座的关系发挥积极作用,还是使局势更为复杂化?就目前而言,我们认为(暂不发声)这是合乎时宜的方法。” 

当被问及自2019年1月3日杨鸣章主教去世后悬而未决的香港主教任命问题时,这位梵蒂冈国务院的高级官员称,由于存在一些需要解决的难题,这个由万民福音部负责的任命过程是“复杂的,存在一些困难”。

加拉格尔还表达了对缅甸危机的现实考虑,他坦言,很难想象曾进行军事政变的将军们会在政治上“改弦易辙”。加拉格尔总主教表示:“也许国际制裁会带来一些影响,但将军们做出了他们的决定,我并不认为这会带来什么改变”。

最后,被问到教会是否支持民主时,加拉格尔表示,早在梵蒂冈第二届大公会议之前,教宗庇护十二世就已承认民主是一种合乎福音价值的政治体制。这位梵蒂冈外交官强调:“但显然,我们认为民主具有不同的形式,我们必须培育民主。”

加拉格尔指出,民主没有唯一的“模式”,比起一种理想模式来说,它更应与政治文化相对应,如果这种尊崇民主的政治文化浮于表面,那民主制度就可能陷入危机,或被操纵,或被推翻。加拉格尔表示,教会支持民主,但与此同时,历史表明,教会可与多种类型的政体共存。在一些地方,民主模式已牢牢扎根,而在另外一些地区,“民主经常受到挑战和威胁,并没有得到所有人的认可,那教会也必须接受这一现实。因此,我们并不是将信仰置于民主之上。我认为,我们在行动和社会义务层面更具责任感,我们让各国自行确定本国政体的转变”。 

译:泳思

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意文版

Gallagher: «Con la Cina maggiore comprensione e disponibilità»

Il diplomatico Paul Richard Gallagher, Segretario per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato vaticana delinea la linea della Santa Sede nelle relazioni con i diversi soggetti geopolitici e nell’affronto delle questioni e delle crisi internazionali. «La Chiesa, come la sua storia dimostra, può convivere con molte forme di governo»


«Una maggiore comprensione e una maggiore disponibilità a parlare dei problemi rispetto al passato. Questo è quello che la Santa Sede rileva oggi nei rapporti con la Repubblica popolare cinese». È quanto conferma l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario della Sezione per i rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato vaticana, in una recente intervista rilasciata a «America», la rivista dei gesuiti statunitensi. L’alto diplomatico della Segreteria di Stato vaticano ha espresso considerazioni interessanti rispetto all’attuale status dei rapporti tra Pechino e il Vaticano ricordando il suo incontro il 14 febbraio 2020 avuto in Germania, a Monaco di Baviera con il ministro degli esteri cinese, Wang Yi, in quello che fino a oggi, dal 1° ottobre 1949, rimane l’incontro di più alto livello tra le due parti dal tempo della proclamazione della Repubblica popolare cinese. E in merito ai rapporti con la Repubblica popolare cinese ha riaffermato che l’attuale obiettivo primario della Santa Sede riguarda la questione al centro dell’Accordo provvisorio del settembre 2018: si tratta innanzitutto di «risolvere le difficoltà che abbiamo nella nomina dei vescovi». Nei nostri contatti bilaterali con loro» ha proseguito Gallagher «cerchiamo costantemente di sostenere la normalizzazione dei rapporti tra la Chiesa cattolica e le autorità cinesi e sappiamo che questo è un obiettivo a lungo termine». L’alto diplomatico vaticano riconosce che tale «Paese immenso», abitato da «una popolazione enorme», ha una struttura governativa corrispondente a quelle misure e i cui funzionari i funzionari sembrano seguire protocolli ben definiti nell'organizzare riunioni a diversi livelli nella struttura gerarchica. «La Santa Sede» ha fatto notare Gallagher «ha rapporti con un gruppo piccolo di persone di quella struttura». Quindi «è abbastanza difficile capire quale sia l’impatto di ciò che loro riportano a Pechino». Ha inoltre aggiunto che al momento non ci sono piani di una visita a Pechino da parte sua o del Segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin. Allargando l’orizzonte, il diplomatico di origini britanniche ha voluto quindi delineare quello che è l’approccio realista che caratterizza a diplomazia vaticana sia nel rapporto con i diversi soggetti e contesti geopolitici sia nell’affronto delle questioni e delle emergenze internazionali.

Riguardo alle critiche rivolte da circoli occidentali alla Santa Sede per non essere intervenuta in merito alle limitazioni della libertà religiosa in Cina, alla crisi di Hong Kong o alle denunce sul trattamento della popolazione uigura, Gallagher ha ricordato che la Santa Sede non applica quasi mai «una politica diplomatica di denuncia» sugli scenari internazionali, ricordando che «ci sono violazioni dei diritti umani in molti, molti Paesi».

E in merito alla crisi di Hong Kong, l’arcivescovo ha fatto notare che anche la comunità cattolica locale «è notevolmente divisa sulla politica» e nell’atteggiamento nei confronti di Pechino. «Cerchiamo di lavorare con la Chiesa locale» ha aggiunto Gallagher « e di fare ciò che possiamo» in tale contesto. «Ancora una volta» ha spiegato il diplomatico vaticano «non credo che le affermazioni “altisonanti” possano essere straordinariamente efficaci», e conviene sempre chiedersi: «Che effetto avrà ha una dichiarazione? Produrrà un cambiamento positivo o complicherà la situazione per la Chiesa locale e per i rapporti con la Santa Sede? Al momento, riteniamo che questo sia l'approccio giusto».

Interpellato sui tempi lunghi che stanno caratterizzando la nomina del nuovo vescovo di Hong Kong in seguito alla morte – il 3 gennaio 2019 – del vescovo Michael Yeung Ming-cheung, l’alto esponente della Segreteria di Stato vaticana ha riferito che il processo per arrivare a tale nomina, seguito in particolare presso la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli, si è rivelato «complesso, e presenta difficoltà», in quanto ci sono alcuni nodi che devono essere sciolti.

Gallagher ha anche espresso considerazioni realiste in merito alla crisi del Myanmar, riconoscendo che è difficile pensare a una marcia indietro nella politica dei generali che hanno realizzato il golpe militare. «Forse le sanzioni internazionali potranno avere qualche impatto» ha dichiarato l’arcivescovo «ma i generali hanno scelto la loro rotta e non credo che questo cambierà».

Davanti infine alla domanda se la Chiesa sostenga o meno la democrazia, Gallagher ha ricordato che già prima del Concilio Vaticano II Papa Pio XII aveva riconosciuto nella democrazia una forma di governo in sintonia con i valori evangelici. «Ma ovviamente» ha sottolineato il diplomatico vaticano «crediamo che la democrazia abbia forme diverse e che debba essere inculturata».

Gallagher ha fatto notare che non esiste una sola “formula” per la democrazia, e che essa, più che essere un ideale, corrisponde a una cultura politica, e il sistema democratico può entrare in crisi o essere manipolato e rovesciato, se tale cultura politica è superficiale. La Chiesa – ha riconosciuto Gallagher – è a favore della democrazia, ma nel contempo tutta la storia dimostra che essa può convivere con molte forme di governo. In alcuni luoghi il modello democratico si è ormai radicato, ma in altre parti «la democrazia è spesso sfidata e minacciata, non è apprezzata da tutti, e la Chiesa deve convivere con questa realtà. Quindi, non è che riponiamo la nostra fede esclusivamente nella democrazia. Penso che abbiamo più una visione della responsabilità individuale in termini di azione e impegno sociale, e lasciamo che gli Stati determinino l'evoluzione della propria forma di governo».

加拉格尔总主教  图片来自网络

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